Le ragazze non sono interessate alla tecnologia?

Le ragazze non sono interessate alla tecnologia?

Il corso STEM all’Istituto Einaudi-Casaregis di Genova lo smentisce

 

Questa domanda, nelle sue varie forme, è l’inizio di centinaia di articoli, progetti, indagini sociologiche e ricerche statistiche.

I numeri non sono favorevoli.

Se si escludono poche donne di successo che hanno raggiunto alte posizioni lavorative nei settori della tecnologia digitale, permane, e forse si è aggravata con la pandemia del COVID-19, una pesante sotto-rappresentazione delle donne nelle professioni, carriere e studi di tecno scienza.

Il quadro non cambia, o solo lievemente, in Europa.

Se non per motivi di giustizia distributiva, le ragioni strettamente economiche richiedono un drastico cambiamento di rotta.

Il Gender Equality Index 2019 afferma che l’ampia sotto-rappresentazione delle donne in settori come l’ICT corrisponde a un grande spreco di risorse umane altamente qualificate e di potenziale economico (EIGE, 2018d). La riduzione della segregazione di genere nei settori della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica (STEM) aumenterebbe il PIL nell’UE di circa 820 miliardi di euro e creerebbe fino a 1,2 milioni di posti di lavoro in più entro il 2050 (EIGE, 2017a).

Il Gender Equality Report 2020, appena uscito, è ancor più puntualmente dedicato ai nostri temi: Digitalisation and the future of work, e Gendered patterns in use of new technologies.

Nonostante la crescita complessiva e l’elevata domanda di competenze relative sul mercato del lavoro, solo il 20% dei laureati nei settori correlati sono donne e la quota di donne nei posti di lavoro ICT è del 18% (una diminuzione di 4 punti percentuali dal 2010!). Secondo l’Index 2020, esiste inoltre un notevole divario di genere tra ricercatori e ingegneri nei settori ad alta tecnologia che potrebbero essere mobilitati nella progettazione e nello sviluppo di nuove tecnologie digitali – il potenziale non sfruttato delle ricercatrici di talento.

 

Le ragazze scelgono professioni non tecnologiche

Le professioni tecnologiche sono state create da maschi, e tagliate e cucite sulle loro necessità, sui loro ritmi di vita, sui loro rapporti all’interno della famiglia.

Le donne che, in tutto il mondo, sopportano il peso della cura familiare, di bambini, degli anziani, di familiari disabili, molto spesso non riescono a mantenere stili lavorativi come i maschi.

Da questo punto di vista, lo European Institute for Gender Equality, responsabile del citato Index, ha avanzato una serie di proposte:

  • poiché le donne corrono un rischio leggermente maggiore degli uomini di essere sostituite nei loro posti di lavoro (ad es. nei lavori d’ufficio) da macchine digitale; e i nuovi posti di lavoro emergenti sono spesso concentrati nei settori delle ICT e delle STEM, dominati dagli uomini, sarebbe possibile promuovere la parità per esempio migliorando le competenze di alcuni lavori svolti per lo più da donne;
  • Eliminare gli stereotipi e i gender bias dalla valutazione dei risultati del lavoro e soprattutto eliminarli dagli impieghi nella platform economy;
  • assicurare social protection alle lavoratrici autonome che si occupano di platform economy. Circa la metà delle madri che esercitano un’attività autonoma non ha diritto a prestazioni di maternità nell’UE e l’accesso al congedo parentale è limitato in alcuni Stati membri. La mancanza di protezione sociale è diventata particolarmente problematica durante la crisi COVID19, che ha evidenziato l’importanza dell’accesso, ad esempio, alle indennità di disoccupazione e alle indennità di malattia.

Secondo l’Index, la platform economy così accresciuta a causa del COVID, difficilmente porterà a un miglioramento delle misure di socia protection per le donne, ciò richiede misure specifiche per sostenere l’equilibrio tra lavoro e vita privata, quest’ultima a carico soprattutto delle donne.

 

Il corso STEM per studentesse degli Istituti Einaudi e Casaregis di Genova

Scuola di Robotica si occupa dal 2008, da quando siamo diventati Centro Nazionale del progetto Roberta, le ragazze scoprono i robot, di quella che si chiama nel mondo Gender Education, lo sviluppo di metodologie appropriate per promuovere le STEM presso le bambine e ragazze.

Recentemente, a fine gennaio 2021, Scuola di Robotica ha concluso, in collaborazione con la Dirigente, professoressa Rosella Monteforte, e diversi Docenti dell’Istituto Galilei-Einaudi-Casaregis un corso dedicato alle studentesse e finanziato dal bando del Ministero per le Pari Opportunità dedicato all’educazione di genere, vinto da questo Istituto.

Circa 50 studentesse degli istituti Einaudi e Casaregis – terze e quarte classi – hanno partecipato al corso. L’Istituto Einaudi ha un indirizzo tecnico economico, frequentato in prevalenza da studentesse, e l’Istituto Casaregis ha un indirizzo per servizi commerciali e di marketing.

Il programma del corso ha previsto l’introduzione al coding e alla robotica educativa, con l’uso del kit Byor.

Utilizzando simultaneamente il kit e il simulatore Tinkercad il corso ha fornito un approccio al mondo dell’elettronica e ai molti usi di Arduino.

L’inquadramento del movimento dei Makers e della libertà e varietà ideativa e realizzativa che li contraddistingue ha proposto un trampolino di lancio per facilitare l’abbattimento del muro di resistenza culturale che allontana le ragazze dalla tecnologia.

Partendo dalla realizzazione di un semplice circuito elettrico il corso ha toccato l’implementazione di fotoresistenza, sensore ultrasonico, attuatori a corrente continua, led e componenti piezoelettrici.

Le studentesse si sono divise in gruppi di circa 8 partecipanti a gruppo, nessuna di loro aveva esperienze di coding e robotica, e la maggior parte delle ore di corso si sono svolte in Didattica a Distanza, attività non facile per un corso laboratoriale di programmazione di un piccolo kit robotico.

Sono emerse le difficoltà delle lezioni che si svolgono con gli studenti a casa: la mancanza di attrezzature adeguate a casa (molti studenti non hanno un pc a casa o non possono usarlo per le loro lezioni), la rete Internet, gli spazi. A questi problemi si è aggiunta la difficoltà di programmare BYOR dal cellulare, unico – orma – strumento tecnologico in dotazione della popolazione mondiale degli studenti.

Nonostante queste, non piccole, difficoltà, il corso ha avuto successo, e tutte le studentesse si sono messe in gioco, con vari livelli di interesse e impegno.

Tutte hanno detto di aver imparato, di essersi divertite; dopo le prime reazioni di ostilità, disinteresse, distacco e paura di sbagliare, tutte hanno portato avanti i compiti di programmazione. Il fatto di aver lavorato in un gruppo più piccolo del gruppo classe ha aiutato la collaborazione tra le partecipanti.

Alcune molto incuriosite, alcune diffidenti, la maggior parte si è applicata e via via incuriosita: lacune hanno poi utilizzato il kit liberamente, aggiungendo creatività e idee artistiche.

La fine del percorso si è realizzata con un hackathon di 4 ore all’interno del quale tutte le ragazze che hanno partecipato agli incontri si sono collegate simultaneamente per ascoltare regolamento e suggerimenti inerenti l’ultima sfida. I gruppi lievemente riadattati (5 ragazze per gruppo) hanno lavorato ad una loro ideazione sia dal punto di vista progettuale che realizzativo arrivando a presentare in plenaria il risultato ottenuto durante il pomeriggio attraverso diapositive, immagini e dimostrazioni del funzionamento dei prototipi.

Sono emersi, durante le lezioni, i problemi legati allo stereotipo femminile di fronte alla tecnologia: “Il kit l’ha montato mio fratello”. Ma tutte, alla fine si sono espresse con la contentezza – e la fierezza – di aver portato a termine un compito che non avrebbero immaginato di riuscire a iniziare.

 

Conclusioni

Con il nostro corso, non pensiamo certamente di aver risolto il problema della sottorappresentazione delle donne nelle materie e professioni tecnologiche. Per molti aspetti, si tratta di decisioni di policy degli Stati volte ad affrontare i problemi del tempi e modi delle lavoratrici.

Contemporaneamente, occorrerà una campagna continua di informazione presso le famiglie, che non sono informate sulle competenze richieste oggi dal mercato del lavoro, competenze informatiche e robotiche. Spesso le famiglie assecondano lo stereotipo femminile indirizzando le figlie verso programmi di studi verso professioni che non avranno purtroppo un futuro lavorativo effettivo.

Se si potessero svolgere in Italia diverse migliaia di corsi come quello all’Einaudi Casaregis di Genova vedremmo senz’altro una modifica importante del paradigma culturale su questo tema.

Beatrice Masala e Andrea Fui

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